segunda-feira, 22 de dezembro de 2008

IMPORTIAMO PAPPONI ?

“Importiamo Papponi”: con questo titolo il giornale italiano “Libero” ha salutato l’apertura della Prima Conferenza dei Giovani Italiani nel Mondo, svoltasi a Roma lo scorso mese di dicembre.
Ho pensato (senza incontrare una risposta) a come si potrebbe tradurre in portoghese la parola “pappone”, che in realta’ non e’ nemmeno un termine solitamente usato in Italia, facendo parte piu’ di un lessico volgare e offensivo che di un normale vocabolario.
“Pappone” e’ colui che vive sulle spalle degli altri, qualcuno che vuole approfittare di una situazione, un invitato maleducato – insomma - che magari approfitta di un evento o iniziativa per trarne un beneficio personale, forse soltanto per ‘mangiare a sbafo’, cioe’ gratis…
Si’, avete letto e capito benissimo: un importante quotidiano italiano, diretto da Vittorio Feltri, famoso giornalista milanese, definiva in questa maniera gli oltre quattrocento delegati giunti a Roma da tutto il mondo (40 dal Brasile) in rappresentanza di alcuni milioni di italiani e italo-discendenti oggi residenti all’estero.
Questo titolo la dice lunga su come parte dell’opinione pubblica italiana vede gli italiani nel mondo, quelli che una volta chiamavamo “oriundi”: i figli e i nipoti di quell’esercito di emigrati che oltre ad avere salvato l’Italia di oltre un secolo fa da un collasso certo hanno poi contribuito a renderla ricca con le loro “rimesse”. Gente della quale qualsiasi Paese serio al mondo sarebbe fiero e orgoglioso, veri e propri “ambasciatori” dell’Italia nel mondo, legame permanente e unico tra il nostro Paese e i quattro continenti.
Eppure non tutti la pensano cosi’; eppure qualcuno ancora si vergogna di quel passato; eppure qualcuno non vuole accettare il fatto che grazie all’unica modifica fatta in sessanta anni alla nostra carta costituzionale gli italiani residenti all’estero sono oggi, grazie al voto e all’elezione di loro rappresentanti in Parlamento, cittadini con pari diritti e doveri rispetto ai connazionali che vivono dentro ai confini nazionali.
Tutti in Italia sanno che “Libero” e’ un giornale vicino politicamente al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; ed e’ per questo che quel titolo di giornale mi ha destato qualche preoccupazione.
Non sono infatti le poche migliaia di copie vendute da un quotidiano a preoccuparmi, ma la cultura politica di riferimento al quale tale foglio informativo fa riferimento.
Una cultura, fortunatamente, che non pervade tutta la maggioranza di governo.
Ero a Montecitorio, sede della Camera dei Deputati, quando il Presidente Gianfranco Fini ha pronunciato un memorabile discorso rivolto ai delegati della Conferenza ad apertura dei lavori; parole, quelle di Fini, in esatta controtendenza rispetto a quanto sostenuto da “Libero” e da certi ambienti del centro-destra italiano; parole in sintonia con l’appello rivolto ai giovani nella stessa occasione dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Perche’ allora tanta cattiveria quando si parla di investimenti relativi agli italiani nel mondo?
Perche’, credo, in Italia qualcuno vuole chiudere le porte al mondo, chiuderle al passato (l’emigrazione) ma anche al futuro (l’immigrazione), nella pia illusione che mettendo la testa sotto la sabbia come uno struzzo sia possibile affrontare e risolvere i problemi posti dall’acuirsi della crisi finanziaria, dalla recessione incipiente e da una globalizzazione che non fa sconti a nessuno.
Visione miope oltre che ingiusta e sbagliata. Non si riconosce infatti all’emigrazione ed all’immigrazione quel valore storicamente innovatore e rivoluzionario; la storia della nostra emigrazione e’ si’ una storia di sacrifici e di sofferenze, ma si e’ trasformata poi anche in storia di successo e di eccellenza italiana nel mondo. Una storia che oggi, proprio grazie a quei giovani “papponi” puo’ divenire per l’Italia nuova fonte di ricchezza, di crescita e di sviluppo.
Solo la cecita’ o l’ignoranza arrogante di qualcuno puo’ permettersi il lusso di non capirlo.
E’ per questo che ho subito condiviso l’immediata e indignata protesta dei giovani italo-discendenti riuniti a Roma. Mi ha fatto piacere ascoltare e leggere le parole del Ministro della gioventu’ italiano, Giorgia Meloni, arrabbiata e scandalizzata come me per quel titolo ma anche fieramente sostenitrice della validita’ di quell’iniziativa.
Ho avuto modo di condividere quasi una settimana di lavori, dibattiti, riunioni e discussioni con questi ragazzi: ho apprezzato la qualita’ e la profondita’ dei loro ragionamenti e dei lavori conclusivi delle loro commissioni tematiche. Sono anche arrivato a lamentare l’assenza tra i giovani italiani che vivono “in Italia” dello stesso spirito di riflessione critica e di proposizioni operative in direzione del futuro.
A questo tipo di esperienze, semmai, andrebbe garantito un seguito ed una adeguata continuita’. Purtroppo le scelte dell’attuale governo vanno di fatto piu’ nella direzione del titolo di “Libero” che nella linea di quanto affermato dal Presidente della Camera o dal Ministro della Gioventu’.
E’ l’Italia ad avere bisogno - in questo momento come mai nel proprio passato - dell’energia e dell’entusiasmo dei suoi figli e pronipoti che vivono all’estero, molto meno il contrario !
Voglio ancora sperare che la saggezza e la lungimiranza della maggioranza dei parlamentari e dei rappresentanti delle nostre istituzioni sara’ in grado di capirlo, prima (lo ripeto stancamente) che sia troppo tardi…

Um comentário:

Brenno disse...

Caro Fabio Porta,
Sono brasiliano/spagnolo (doppia citadinanza) e percio' sinto poco nella pele questa onda di pregiudizi a altri come me che vivono (legalmente), lavorano e studiano in ITalia.
Vorrei soltando dire, non a lei, che mi pare, almeno con parole, ci prova essere giusto con altri persone dell nostro mondo, che tornando in Brasile, mai piu' saro' amabile, simpatico e educato com uno europeu/italiano. Sono pieno di rabbia, vergogna di dovere vivere ancora in questo paese. E faro' tutto perche' un Italiano no si sinta mai piu' a casa sua in casa mia.
Mi dispiacce tanto, ma l'oddio genera oddio.
Ahhh: non ho mai pensato di usare la violenza!! Ma si una arma vostra: la antipatia!
Grazie mille
Brenno