domingo, 13 de setembro de 2009

ITALIA-BRASILE: UN DESTINO COMUNE?

La crisi economico-finanziaria che si è abbattuta con violenza su tutti i mercati internazionali negli ultimi mesi ha decretato in maniera definitiva la fine di un mondo che fino ad allora sembrava ai più incrollabile: mi riferisco al capitalismo mondiale che ruotava intorno alla borsa di New York e, più in generale, all’economia statunitense.
Anche gli ultimi nostalgici assertori dell’unilateralismo capitalista basato sui banchieri di Washington e sugli yuppies di Wall Street hanno dovuto capitolare di fronte all’imporsi di un nuovo sistema economico multilaterale, all’interno del quale sono le nuove economie emergenti a ‘reggere il colpo’ della crisi confermando il loro ruolo sempre più centrale e decisivo.
I Paesi del ‘Bric’ (Brasile, Russia, India e Cina) sono, in questo scenario mondiale, la più evidente dimostrazione di questo nuovo modello economico multipolare; le quattro grandi nazioni rappresentano quattro grandi continenti, quasi la metà della popolazione mondiale e – soprattutto – quattro enormi bacini di sviluppo economico in grado di spingere da soli la crescita internazionale dei prossimi decenni.
L’Italia, una delle grandi economie mondiali e attualmente Paese leader del G8, è attraversata ormai da alcuni anni da una seria crisi economica che la congiuntura internazionale di questi ultimi mesi ha notevolmente acuito; in questo contesto diventa per noi italiani sempre più importante l’apertura al mondo, tanto in termini di nuovi mercati per i nostri prodotti che di partnership e alleanze strategiche per l’internazionalizzazione delle nostre imprese.
Per ragioni naturalmente legate al nuovo assetto economico internazionale è ovvio guardare ai Paesi del Bric come ai principali mercati e allo stesso tempo partners per uscire dall’isolamento economico e ritrovare quel circuito economico virtuoso necessario alla ripresa di un PIL attualmente fermo (anzi, negativo).
Ma le quattro grandi nazioni del Bric non sono tutte uguali, né tra loro tantomeno in relazione all’Italia.
Rispetto a Russia, Cina e India il nostro Paese compete ad armi pari con tutti gli altri; anzi, per ragioni di carattere geo-politico e geo-economico oltre che per le intrinseche caratteristiche dell’economia italiana, non esercitiamo in questi Paesi un’influenza economica pari a quella di altre grandi economie, strutturalmente e finanziariamente più attrezzate di noi alla penetrazione in quei mercati.
Caso diverso è (o, sarebbe più corretto dire, sarebbe) il Brasile.
Nel rapporto con il Brasile l’Italia può infatti contare sul valore aggiunto dei trentasei milioni di italo-discendenti presenti nel grande Paese sudamericano, che da oltre un secolo hanno contribuito a permeare in maniera significativa tutti i settori della vita sociale, culturale ed economica della nazione. Una presenza che diventa quasi egemonica (culturalmente ed economicamente parlando) in alcune aree geografiche, come lo Stato di San Paolo e il Sud del Brasile.
Questa presenza, unitamente ad evidenti affinità di carattere culturale, linguistico e religioso, fanno del Brasile il partner ideale per una nuova grande espansione della presenza commerciale ed industriale italiana su scala planetaria. Una tendenza che dovrebbe essere resa ancora più necessaria dalle diverse complementarietà esistenti in diversi settori produttivi in una comparazione socio-economica tra i due Paesi e soprattutto dal bisogno vitale – per noi italiani – di un rapporto prioritario e strategico con i principali produttori di energia.
E’ in questo campo, infatti, che il Brasile può vantare un indiscutibile primato anche se comparato con le altre grandi economie emergenti: autosufficiente in materia petrolifera (con in più la recente scoperta dell’ancora ‘vergine’ bacino del “pre-sal”); con un enorme potenziale, anch’esso in fase di ulteriore sfruttamento, in campo idroelettrico; e, infine, con una affermata leadership mondiale in campo di biocombustibili (alcool ed etanolo). Tutti elementi nevralgicamente centrali per lo sviluppo economico del pianeta, ai quali non possiamo non aggiungere la presenza – sul territorio brasiliano – del maggiore patrimonio di acqua dolce esistente al mondo, l’Amazzonia.
Un paese continentale, il Brasile, al quale l’Italia si rivolge solitamente con uno sguardo stereotipato e condizionato da fattori culturalmente e soprattutto mediaticamente rilevanti (la musica, il calcio, il carnevale) ma non con altrettanta attenzione e concentrazione quando si tratta di definire le proprie scelte e conseguenti strategie in campo politico ed economico.
Fortunatamente in questi anni il “partito” di chi considera centrale ed essenziale il rapporto dell’Italia con il Brasile e – attraverso di esso – con il Sudamerica, è cresciuto in qualità oltre che in quantità.
Una fortuita coincidenza ha voluto che proprio in queste settimane arrivassero, a Roma e Brasilia, i capi delle rispettive missioni diplomatiche di Italia e Brasile. A Gherardo La Francesca, nuovo Ambasciatore d’Italia in Brasile, e a … Viegas, nuovo Ambasciatore del Brasile in Italia, l’augurio di rafforzare con il proprio lavoro questo ideale fronte bilaterale, importante oltre che necessario non soltanto per il miglioramento delle già buone relazioni tra i due Paesi ma per un più significativo ed equilibrato rapporto tra Europa e Sudamerica.

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