quarta-feira, 12 de novembro de 2008

LULA E OBAMA: UN NUOVO MONDO E' POSSIBILE !

Mentre stringevo la mano al Presidente Lula, qui a Roma a pochi giorni dall’elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti d’America, pensavo tra me e me: “Questo secolo e’ iniziato con l’elezione di un metalmeccanico nordestino a Presidente della Repubblica del Brasile e adesso prosegue con un afro-americano per la prima volta Presidente della piu’ grande potenza mondiale: forse non e’ soltanto uno slogan continuare a dire che ‘un nuovo mondo e’ possibile’ !”
La vittoria di Obama e’ sicuramente un evento di portata storica straordinaria, e per capirlo basta osservare l’effetto, non soltanto mediatico, della sua elezione in tutto il mondo. Il mondo africano, l’Asia ed il medio-oriente, l’Europa e il Sudamerica hanno seguito come non accadeva da anni l’andamento e l’esito della campagna elettorale americana.
Gli otto penosi anni del Presidente George Bush, segnati dalla disastrosa guerra in Irak e terminati con una delle piu’ gravi crisi finanziarie mondiali dopo il crollo delle borse del 1929, sembravano diventati un macigno capace di chiudere e mortificare definitivamente le speranze di un mondo nuovo, all’insegna di un multilateralismo in grado di superare l’unilateralismo americano rafforzatosi dopo il crollo del sistema sovietico che aveva caratterizzato la fine del secolo scorso.
La voglia di cambiamento, divenuta in questi ultimi mesi quasi un imperativo categorico, ha cosi’ accompagnato e portato al trionfo elettorale Barack Obama, sospinto dalla forza delle nuove generazioni bianche, dagli ispanici e dagli afro-americani, come anche da milioni di “tifosi” che a qualsiasi latitudine della terra hanno sperato e creduto fortemente in un cambiamento capace di incidere anche su uno scenario internazionale cosi’ trasformatosi in questi ultimi anni.
Torniamo a Lula. Nel corso del G20 dei Presidenti delle Banche Centrali e dei Ministri dell’Economia, il Presidente brasiliano ha chiesto a gran voce “nuove regole per governare la crisi” e soprattutto “una nuova architettura finanziaria” in grado di dare peso e voce ai Paesi emergenti come anche a quelli in via di sviluppo. Anche questa e’ una richiesta di cambiamento ormai non piu’ eludibile e prorogabile. Il prossimo anno saranno le economie del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) a sospingere l’economia mondiale; tutti gli altri Stati avanzati affronteranno la recessione mondiale. Un dato come questo e’ sufficiente per spiegare l’entita’ di una vera e propria ‘rivoluzione’ che in pochi anni ha sconvolto il sistema internazionale e per motivare la necessita’ di un nuovo ordine mondiale in grado di regolare i processi economico-finanziari, a partire dal commercio internazionale, ancora eccessivamente e ingiustamente ingessato da blocchi e protezioni volute da quelli che una volta consideravamo i paesi ricchi (e che adesso non lo sono piu’ tanto, mentre altri attori economici si sono affacciati sulla scena mondiale).
E’ per queste ragioni che l’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti e’ un avvenimento storico che va al di la’ delle semplici considerazioni di politica interna americana, ma anche al di la’ delle ovvie ricadute internazionali dell’insediamento di un nuovo inquilino alla Casa Bianca.
Vista dall’Italia l’elezione di Obama ha sicuramente un significato particolare; proprio in questi mesi il nostro Paese e’ alle prese con una crisi economica che non ha precedenti nel dopoguerra; al tempo stesso il grande flusso di immigrati, quasi sempre giunti in Italia per fare lavori che i nostri connazionali non fanno piu’, ha fatto crescere in maniera preoccupante episodi di razzismo e incivilta’. L’attuale governo ha spesso “soffiato sul fuoco”, sfruttando demagogicamente tale xenofobia e alimentando sentimenti di odio razziale attraverso precise misure legislative (le impronte digitali per schedare i bambini rom, le classi separate per immigrati…); le infelici “battute” del Presidente Berlusconi sul neo-Presidente degli Stati Uniti “bello, giovane e… abbronzato” non migliorano di certo tale situazione e, come ha giustamente detto la figlia di Bob Kennedy, “sono un pessimo esempio per l’Italia che ha problemi di integrazione etnica”.
Sono tante quindi le ragioni che ci spingono a guardare con speranza e fiducia all’America del 21 gennaio 2009, data della celebrazione ufficiale di insediamento del Presidente Barack Obama alla Casa Bianca.
“Il mondo cambia” si leggeva su un manifesto affisso in tutta Italia all’indomani delle storiche elezioni americane. Il nostro augurio e’ che questo cambiamento sia seguito dalla costruzione di un nuovo modello di relazioni internazionali, fondato su un reale multilateralismo e su una corretta ed equa integrazione dei sistemi economici e commerciali; un modello in grado di dare nuovo slancio alle economie in recessione dei Paesi avanzati ma anche di sostenere la crescita dei Paesi emergenti.
Solo da questo positivo “choc” potra’ nascere il ‘mondo nuovo’ che tutti auspichiamo, capace di integrare sempre piu’ i Paesi in via di sviluppo, oggi terribilmente e inevitabilmente ai margini di un sistema finanziario internazionale interessato soltanto a “salvare il salvabile” e non piu’ in grado di dare risposte credibili al futuro del sistema politico-economico mondiale.